I costi del touring in pista

Ieri in fiera un po’ di persone sono rimaste stupite di come andavano i nostri modelli. Mi sono fatto un paio di conti in tasca, a voler girare in pista cercando di stare almeno nel medio livello (senza andare nell’entry level o nel top da gara stile campionato del mondo), considerando il tutto. Secondo i miei calcoli, un modello come il mio, completo di batterie e cb siamo sopra i 1000, per cui diciamo che può essere forse considerato un prezzo medio per girare in pista?

Ci sono delle cose che bisogna avere a prescindere dal modello che si acquista. A naso direi:
– Cacciaviti 1.5, 2 e 2.5mm almeno. E di ottima qualità. Raramente si usa i 3mm e, solo alcuni modelli (come la Losi, ma è una dei principali produttori di off) hanno le viti in pollici
– Saldatore con stagno più che decente
– Termoretraibile, colle e biadesivo
– Olii e grassi vari
– Vernici e necessario per verniciare
– Optional (all’inizio) un po’ di attrezzatura per il setup
– Costo dell’ingresso in pista…

Partendo dal presupposto di acquistare il nuovo, in base all’esperienza acquisita, per girare decentemente in pista e fare anche qualche garetta direi che come prezzi siamo:
– 370 il modello, considerando qualcosa di “full optional” o quasi (modello di fascia alta, almeno… quelli che trovo in zona da me… ce ne sono anche a meno)
– 140 l’ESC
– 90 il motore (i motori della stessa serie costano quasi sempre tutti cifre simili) ed il pignone
– 80-100 la radio
– 60 il servo
– 50 tra gomme e carrozza
– 60 euro a LiPo (almeno 3 per avere continuità)
– 60 euro un caricabatterie “base” ma decente

Buttiamoci dentro un po’ di ricambi (cinghie e braccetti anteriori, i più soggetti agli impatti) e minchiatine varie e sono un centinaio (almeno) di euro)…

Che dite? Ci siamo?

Scegliere una Touring elettrica

INTEGRAZIONE
abbiamo messo online anche una mini guida su tutto il resto dell’elettronica

E’ da un po’ che pensavo di scrivere un post dedicato a chi inizia con il touring 1/10, per forire un po’ di nozioni di base ed evitare un po’ (utopia?) delle stesse domande, trite e ritrite.
Lunge da me fare il maestrino, anzi, sono il primo a cui capita di scrivere cappellate. Chiedo l’aiuto degli altri appassionati, sia esperti gareggiatori che dei novellini che magari hanno incontrato problemi o esperienze da condividere con altri appassionati che si affacciano su questo mondo.
Inutile consigliare quì i singoli prodotti. Il mondo è troppo vario ed ogni cao è a se.

Una parte delle considerazioni valgono logicamente anche per altre categorie.

Allora. Prima di tutto bisogna decidere dove usarla. Se si vuole girare nei parcheggi e simili è necessario optare per un’auto con trasmissione a cardano, questo perchè la sporcizia presente nei parcheggi potrebbe danneggiare la trasmissione a cinghia. Il vantaggio dei parcheggi è che non ci sono ostacoli, tranne qualche marciapiede e l’unico palo da prendere a tutta birra . Il problema è che girare da soli stufa molto presto ed in più è controproducente perchè non si impara a guidare (non essendoci dei “limiti” come il tracciato, ma almeno si impara a sterzare dalla parte giusta quando l’auto ci viene incontro) e non si impara a fare il setup come si deve.
Se poi si gira da soli…

In pista invece (a patto di trovare una pista tranquilla, dove non siano in corso gare/prove/etc) si impara a guidare, si impara a preparare la propria auto, si migliora lo stile di guida (confrontandosi col cronometro e con altri piloti), si passa tempo in compagnia, ci si scambiano idee e pareri, si stringono amicizie e, purtroppo spesso e volentieri, si spende di più proprio per migliorare la propria auto o perchè si scoprono nuovi modelli che solleticano la nostra curiosità).
Il consiglio, mio ma anche di tanti altri piloti, è di girare in pista.

Ma non tutte le piste sono uguali. Ci sono piste dedicate alle 1/8 da pista a scoppio, che raggiungono i 130 km/h. Usare una 1/10 potrebbe essere un po’ problematico per le parti della pista da fare in pieno (ed in cui il motore elettrico dell’1/10 potrebbe girare troppo tempo al massimo e quindi surriscaldarsi (il che non è bello). Quindi, ad ogni pista, la sua tipologia di auto.

Già, ma quale auto scegliere? E cosa serve realmente insieme al modello?
Diciamo che spesso e volentieri la regola del “chi più spende, meno spende” è applicabile anche in questo campo. Normalmente di RTR idonee a girare in pista non ne troviamo moltissime. Non perchè non siano buone, ma perchè alcune ad esempio non sono molto robuste, altre perchè la disponibilità e reperibilità dei ricambi è scarsa, alcune con il telaio in plastica offrono una guida approssimativa, altre ancora perchè rischiano di non fare imparare molto (regolazioni) e di diventare un peso che può far o disinnamorare da questo hobby oppure può portare a rispendere altri soldi per un modello più performante.
Qualche consiglio? Guardate con cosa corrono in pista gli altri, in modo da farvi un’idea dei modelli che vi girano, vedere con quali modelli potreste avere maggior aiuto da parte degli altri piloti in caso di necessità (è più facile aiutare quando si conosce bene il modello) ed eventualmente con quale potreste avere meno problemi nel reperire i ricambi sia in pista (magari qualche altro pilota li ha e ve li può vendere) che dai rivenditori (fisici o online). Niente è più frustrante di vedere la propria RC smontata, in attesa per diverse settimane del malefico ricambio che non arriva…

Il consiglio sempre valido è di valutare un buon usato (lo so, è difficile valutare un usato) o vedere qualche kit. Spesso e volentieri le case che fanno i modelli top fanno anche modelli più “blandi” (mi vengono in mente l’X-Ray, la Team Magic e la 3Racing, così su 2 piedi), ma comunque qualche gradino sopra alle RTR. Il fatto che siano in kit spaventa tanti, ma montare il modello da 0 serve a conoscerlo bene ed avere meno difficoltà quando dovrete smontarlo per manutenzione ordinaria o straordinaria (e dovrete farle entrambe ). Se poi avete aualche amico modellista, un negoziante (utile per chi inizia) o qualcuno in pista a cui chiedere consiglio su qualche passaggio ostico, meglio. Il forum aiuta, ma vedere come si fa una cosa è molto più efficacie, a livello di comprensione, che leggere come si fa.
I kit hanno anche aspetti “meno positivi” rispetto alle RTR. Essendo più complessi ed essendoci tante regolazioni su cui agire, può diventare complicato capire come intervenire sul modello quando si presenta qualche anomalia. Quì subentra l’aiuto degli altri appassionati. Ed il tutto porta ad una crescita del modellista. Attenzione che spesso e volentieri nei kit mancano un po’ di cosette, tipo olii vari, gomme e carrozzeria (ed anche questi ultimi contano tantissimo in pista. Cambiando carrozzeria ad esempio cambia moltissimo).

Per montare un modello però servono gli attrezzi giusti. Quì il detto “chi più spende, meno spende” è azzecatissimo. Le chiavi a brugola fatti a “cacciavite” (e non i classici a “L” o a “T”) di ottima qualità seguono il modellista per diverso tempo, rendendo più veloci le riparazioni, rovinando meno le viti e limitando le incavolature. Costano, ma dopo averne provate tante negli anni, non tornerei mai e poi mai indietro. Anzi… Ci sono meccanici che li usano nelle loro officine al posto di quelli “professionali”.
Per impostare il setup occorrono gli attrezzi giusti, ma si può partire anche con un calibro e poco altro.
Altra cosa utile è il set-up book che l’x-ray ha rilasciato per la T3/T3, ma che è una buona lettura per tutti.
Altri attrezzi… direi almeno multimetro e materiale per saldare.

Cosa ci serve per pilotare la nostra RC? Un telecomando! A 2.4 GHz, visto che soffre meno delle interferenze dei “vecchi” analogici, anche se non sono immuni da interferenze nemmeno i 2.4. Quì tra stick e volantino bisogna dar seguito ai propri gusti. C’è da dire che le radio a volantino sono un po’ più complicate da usare all’inizio, ma c’è un assortimento più vasto rispetto alle radio a stick.
Valutate bene la radio, perchè è più facile cambiare un’ottima auto che un’ottima radio. Oltre a vedere quali caratteristiche ha la radio (consiglio… almeno l’EPA o, chiamati anche, finecorsa dovrebbero esserci). Valutate quanti modelli può gestire la radio e quanto costano le riceventi. Quando la “scimmia” sale è difficile fermarla. E collezionare telecomandi non è poi un hobby così economico. A livello di servi invece ce ne sono tanti… Troppi… Di solito le marche buone sono le solite. Meglio spendere qualcosina in più ed optare per un unico servo buono per x anni, pittosto che cambiarne 5 economici in 2 mesi. Poi la sfiga ci vede bene…

Ok… Macchina, radio, servi… La facciamo muovere??? Ed allora ci serve un motore elettrico (ultimamente si usano i brushless, poca manutenzione e tanta resa), il regolatore o ESC (che consente di far muovere il motore in base ai comandi che impartiamo) e, possibilmente, la program card, una schedina (o interfaccia per PC, dipende dai casi… Non sempre è necessaria. Ci sono anche altri modi per alcuni regolatori) che consente di variare alcuni parametri del regolatore e possono portare ad un cambiamento radicale del comportamento del motore. Da ricordare che il motore (e talvolta anche il regolatore) è da scegliere in base ai propri gusti, alla categoria in cui si gira, al proprio budget e, non ultimo, in base alla pista. Inoltre il motore va raffreddato (anche il regolatore) rapportato (scelta pignone e corona) in modo corretto. Un rapporto lungo farà andare più veloce l’auto, ma farà surriscaldare parecchio motore, regolatore e batterie. E non significa solo rovinare qualcosa, ma anche rischiare di buttare via alcuni componenti e, nei casi peggiori, l’intero modello (e non sto scherzando).
Normalmente in pista si usano motori dotati di sensori, questo perchè garantiscono una progressione migliore e perchè con i sensori ed il programma giusto caricato sul regolatore si possono fare dei “giochini carini” che aumentano (anche non di poco) le prestazioni a costo 0.
La “catena” parte dal motore, passa dall’ESC e finisce con la batteria. Ogni componente deve essere sovradimensionato rispetto al precedente, in modo da avere un po’ di margine.
Stimare i consumi non è facile. Diciamo che se, ad esempio un motore consuma 40A di corrente, meglio scegliere un regolatore da almeno 60A e delle batterie che possano fornire un centinaio di A.

Abbiamo parlato delle batterie??? Da qualche tempo si usano le batterie LiPo. Queste batterie sono in grado di fornire parecchia corrente (tutta quella richiesta dai brushless e che le “vecchie” NiMh non riescono a fornire) e tempi di ricarica brevi. Queste batterie vanno trattate con un certo riguardo (mai scaricate tutte, ma arrivando sempre ad una tensione di guardia, caricate e storate correttamente)… Magari una letturina a questo Fondamentali batterie lipo – RC Experience può aiutare…
Attenzione ai connettori che collegano le batterie al regolatore. Tanta corrente necessita dei connettori giusti (quindi, scordatevi i Tamiya).
Per caricare le LiPo è meglio affidarsi ad un caricabatterie buono. Possibilmente con bilanciatore integrato (o acquistando un bilanciatore esterno). Ce ne sono tantissime marche, tanti cloni del classico iMaxB6.
C’è da ricordarsi che un’elettrico in pista gira dai 7 ai 20 minuti, poi la batteria va ricaricata. Quindi, oltre ad avere un paio di batterie almeno, meglio un buon caricabatterie in grado di ricaricarle in fretta. Possibilmente che possa essere alimentato dalla 220V (sempre presente nei box delle piste per l’elettrico ed in altre piste) e dalla 12V.

Ed ora a voi… Qualche consiglio spiccio ve lo dato.

L’elettronica dei modelli RC

Era un po’ che pensavo anche a questo mini tutorial. Poi Verrazz0 mi fa “Buttiamo giù qualche idea per i principianti? Dopotutto il post sullo scegliere il touring l’hai già fatto.. Giusto per togliere i primi dubbi.”. Ed io… “qualcosa ho già in giro…”. Quindi, tutti insieme abbiamo buttato giù un po’ di idee. Qualche immagine è cambiata e ho aggiunto 2 cosine sugli ESC.
Logicamente, facendo principalmente touring, la mia esperienza si concentra su quella categoria. Indi per cui, invito tutti a collaborare, di modo da fornire informazioni il più dettagliate possibili anche su altri campi (off, crawler, etc), vedendo sia per chi vuole avvicinarsi al mondo del modellismo e divertirsi, sia per chi vuole buttarsi in pista e fare qualche garetta.
La mia idea era quella di affrontare un po’ tutto quello che gira intorno al modello. Una sorta di panoramica. Della serie… “Ho preso il modello…. Ed ora?”. Poi per domande più specifiche ed approfondimenti, siamo sempre quì.

Nell’elettrico, penso che le categorie principali siano:
– on road
– off road
– monster
– drift
– scaler & crawler (simili ma diversi)
Direi che i carri armati ed i camion potremmo escluderli al momento…. Sono un pelo più complicati (e ci serve i supporto di qualcuno con esperienza in merito).

Radiocomando

Partiamo da lontano… Ma dopotutto è la parte del modello con cui (si spera) smanettiamo più a lungo…
Principalmente abbiamo 2 tecnologie di trasmissione differente: trasmissione su portante analogica (AM o FM) e trasmissione su portante digitale.
Con “portante analogica” parliamo delle classiche vecchie radio, quelle che a volte si trovano ancora su alcuni modelli RTR .
Sono riconoscibili esternamente dall’antenna estensibile sulla radio (e va sempre estesa tutta, altrimenti si rischia di bruciare la parte dell’elettronica che si occupa della trasmissione del segnale.

Con queste radio, se due piloti vogliono girare insieme, bisogna verificare su che frequenze sta lavorando la radio.
Se due piloti hanno la stessa frequenza (a volte succede anche con frequenze simili) i segnali si sovrappongono e così un pilota guida il modello dell’altro oppure un modello impazzisce e va a schiantarsi (potrebbe….)
Ogni telecomando ed ogni ricevente montano un quarzo di frequenza sostituibile. Questo quarzo non è altro che un oscillatore che cambia la frequenza di trasmissione della radio. Vengono venduti a coppie (trasmittente e ricevente) e ci sono vari canali prestabiliti (diversi tra Italia ed America per esempio), decisi dall’ente delle poste e telecomunicazioni. Ogni quarzo è identificato dal numero del canale e dalla frequenza di lavoro. Per convenzione vengono messe uguali per RX (ricevente) e TX (trasmittente), anche se nella realtà non è proprio così.

Per gli automodelli normalmente ci sono 2 fasce di frequenza (27 e 40 MHz. Ne esistono altre ma sono meno usate. Il discorso vale anche per queste frequenze) e 2 tipi di portante (in AM o in FM). I quarzi NON sono intercambiabili tra AM ed FM ed inoltre se radio sono già divise tra loro in 27 e 40 MHz. Se si possiede una radio in 27 non basta cambiare il quarzo con uno in 40 per cambiare la fascia di trasmissione. Inoltre è meglio acquistare quarzi dello stesso produttore della radio, in quanto non sono garantite le compatibilità tra vari produttori. I 27 MHz AM sono quelli più soggetti alle interferenze, in quanto tali frequenze sono usate anche da altri sistemi di trasmissione e possono subire interferenze anche dai cavi dell’alta tensione.
Sui modelli a scoppio si consiglia di utilizzare un circuito che si chiama “Fail safe” che consente di programmare la radio in modo da frenare il modello in caso di interferenze o batterie scariche (per evitare il fuori radio e la perdita/distruzione del modello contro un muro). Se tale circuito non è integrato nella radio, si può prendere a parte e frapporlo tra la radio ed il servo del gas. Su alcuni modelli elettrici una parte del file safe (il battery file safe che subentra quando la batteria è scarica) è presente.

L’altro sistema di trasmissione usa una portante digitale in 2.4 GHz. Uno dei pionieri di questa tecnologia è stata la Spektrum che prende il nome da questa tecnologia di trasmissione (spread spectrum). A occhio si riconoscono per l’antenna corta o “assente” (nascosta).

In questo caso abbiamo una portante che lavora in alta frequenza (2.4 GHz) molto meno soggetta alle interferenze, ma non immune, in quanto comunque tante apparecchiature lavorano sui 2.4 (trasmissione dati dei computer e bluetooth , sistemi di trasmissione audio/video, etc). Il vantaggio è che non abbiamo più i quarzi da sostituire. Ci sono diversi canali di trasmissione (una ottantina se ben ricordo) e la radio è in grado di determinare autonomamente quale frequenza è la più libera e di dialogare con la ricevente su quella frequenza. Alcune radio sono in grado di fare questo salto anche durante l’uso, in modo da trovare meno interferenze, Già, ma come si fa a far “intendere” trasmittente e ricevente tra loro? Si fa tramite una procedura chiamata “binding” (che cambia da radio a radio) che permette di associare trasmittente e ricevente (presumo tramite il seriale). Questa associazione viene trasmessa con ogni comando, per cui la ricevente controlla sempre se quel comando è destinato a lei. Se così non fosse, viene scartato semplicemente. La trasmissione in 2.4 GHz permette anche di aumentare le portata della trasmissione, soprattutto con i modelli ad alta potenza. Attenzione però che ci sono dei limiti di potenza diversi tra Italia ed America, per cui se acquistate una radio oltreoceano potrebbe non essere legale ad essere utilizzata da noi (vi devono anche peccare però…).
La trasmissione è bidirezionale ed esistono anche radio che supportano la telemetria e permettono di inviare al telecomando dati sul funzionamento del modello. Alcune funzionano bene, mentre altre un po’ meno bene (mi pare la vecchia DX3s Spektrum avesse qualche problema con la telemetria attiva).
Ci sono varie velocità di trasmissione. Le radio di ultima generazione (e fascia più alta) possono usufruire di una trasmissione quasi istantanea, ma bisogna usare obbligatoriamente servi DIGITALI che sono gli unici in grado di elaborare velocemente le informazioni. Un servo analogico potrebbe bruciare in pochissimo tempo. Per questi servi analogici bisogna impostare una trasmissione “lenta” (vedere manuale della radio).
Inoltre alcune radio di ultima generazione e fascia alta hanno riceventi compatibili anche con l’alimentazione diretta a LiPo 2s (quindi 7.4V al posto delle precedenti riceventi a 4.8-6V), a cui bisogna associare servi in grado di essere alimentati a questa tensione. In questo modo si può alimentare la RX o direttamente con una lipetta (ad esempio nello scoppio) o bypassando il circuito interno del regolatore (BEC) che abbassa la tensione a 4.8-6V.
Ormai a livello di costi, troviamo anche radio in 2.4 ben sotto i 100 euro, per cui è inutile cercare modelli con la vecchia tecnologia.

Ma cosa bisogna guardare allora per il giusto telecomando?
Per la scelta del giusto telecomando, dobbiamo guardare quanti canali ci servono, come ci troviamo ergonomicamente con la radio (deve essere comoda!!!!), avere un minimo di regolazioni (oltre ai classici trimmer, l’EPA, ma poi ne parliamo). Visto che tante radio consentono di tenere in memoria più modelli e che tanti modellisti usano la stessa radio con più riceventi, all’acquisto bisogna tenere conto anche delle riceventi extra. Per esempio alcune spektrum costano una 40ina di euro, la mia futaba in Italia siamo sui 120-160…
Le due grandi famiglie di radio sono le radio a stick e quelle a volantino.

Personalmente (questione di gusti) preferisco le radio a volantino, ma se servono tanti canali iniziano a sorgere problemi, in quanto è difficile trovare radio a volantino con più di 4 canali. Più facile con le radio a stick, visto che con aerei ed elicotteri, più canali ci sono e meglio è.4
Normalmente nel touring e nell’off bastano 2 canali (sterzo e gas). Ma di solito si preferiscono radio da almeno 3 canali, questo per usare il 3° canale per servizi ausiliari come ventole o transponder (i segnalatori per le gare).
Sulle drift il terzo canale (e gli altri) possono essere usati per accendere e spegnere da remoto le luci o per altre cose (tipo apertura portiere, etc).
Infine su scaler e crawler, dove possiamo usare tutti i canali che vogliamo per le diverse “diavolerie” come la sterzata delle ruote posteriori (ma miscelare con lo sterzo anteriore), alzare o abbassare il modello, accendere o spegnere le luci, bloccare i differenziali, azionare il verricello, etc….
Altre cose da considerare sono le funzioni aggiuntive. La funzione aggiuntiva (secondo me) pringipale è l’EPA (EndPoint Adjustment), ossia la regolazione del finecorsa indipendente per ogni direzione e per ogni servo. Con le radio multicanale possiamo miscelare due canali per farli funzionare contemporaneamente, tipo servo per le ruote anteriori e posteriori degli scaler e crawler. Si può impostare se bloccare le ruote posteriori dritte, farle girare dalla stessa parte delle anteriori (essendo ruotato le posteriori sterzeranno al contrario delle anteriori e si riduce drasticamente il raggio di sterzata) , o dalla parte opposta.
Altre regolazioni sono la velocità di trasmissione (utile per i servi analogici e digitali, come dicevo), la posizione dei vari canali (alcuni canali sono semplicemente on-off e bisogna stabilire la posizione, altri hanno varie posizioni come il 3° per gli scaler), l’esponenziale per i canali, l’attivazione dell’ABS sul gas (utile solo sullo scoppio), velocità dei servi, inversione della corsa dei servi, telemetria, timer, caffé (a momenti)…

Prendiamo in considerazione solo i servi per lo sterzo per ora…

In base alla scala ci sono vari servi di diverse dimensioni, per cui in taluni casi bisognerà guardare prima di tutto chi produce i servi per quella scala (sto pensando a mezzi tipo Revino e Carisma, che usano servi da 30mm di lunghezza).
Ora possiamo decidere se vogliamo usare un servo analogico o digitale. La differenza? I servi digitali sono programmabili, più precisi, più potenti, più veloci come elaborazione dei dati, possono essere alimentati direttamente con le lipo (solo alcuni specifici), ma consumano più corrente e perciò richiedono che ci sia una buona sezione di alimentazione ed infine (normalmente) più costosi. Non sempre è una buona idea mescolare servi analogici e digitali. Non è fattibile con trasmissioni veloci (gli analogici saltano come grilli sul barbeque).
I parametri che di solito si guardano sono la velocità e la coppia del servo. Nel touring di solito si predilige una elevata velocità di reazione del servo, cercando possibilmente di stare sotto gli 0.1 secondi per percorrere un arco di 60°. Ma è importante anche una buona coppia (sopra i 10 kg), in quanto in curva le ruote tendono a raddrizzarsi da sole (pensate in auto vera, quando lasciate il volante al termine della curva). Di conseguenza se il servo ha poca coppia le ruote tendono a raddrizzarsi e il modello tende a non seguire la traiettoria impostata.
Penso sia praticamente uguale nel drift, dove ci sono parecchi cambi di direzione, anche se forse un servo troppo veloce induce sbandate esagerate.
Su monster e nell’off invece conta più la coppia, soprattutto al salire della scala. E’ vero che normalmente si sterza in movimento (dove serve meno forza che da fermi), ma far sterzare un modello (magari molto pesante) su diversi tipi di terreno non è facile. Meglio rinunciare ad un po’ di velocità. Tra l’altro con fondi a scarsa trazione potrebbe rendere instabile la guida.
In ultimo, su scaler e crawler, dove le velocità sono ridotte, è molto più importante la coppia del servo, soprattutto durante le scalate o in situazioni impervie.
Altri parametri da tenere in considerazione sui servi sono il materiale degli ingranaggi. I servi base hanno ingranaggi in plastica che possono rompersi in seguito ad urti o per usura, mentre quelli ad alte prestazioni hanno ingranaggi in metallo (acciaio o titanio), per resistere alla coppia del servo ed alle asperità del terreno. Normalmente si prediligono comunque in metallo, per la resistenza.
Ultimo parametro che si guarda è il tipo di motore del servo. Coreless (senza la parte interna e quindi meno inerzia e più velocità), brushless, standard. Ma sono (secondo me) particolari di minore importanza.

Motori
Nei modelli elettrici, il motore è logicamente elettrico. Abbiamo 2 macrofamiglie di motori, a spazzole (brushed) o senza spazzole (brushless). Quale scegliere? Prima di tutto è meglio capire che differenza c’è tra i due tipi di motori.
Nei motori elettrici si “gioca” con i campi magnetici. La rotazione è indotta da un cambio di campo magnetico: 2 magneti uguali (positivo e positivo o negativo e negativo) si respingono, mentre 2 magneti diversi (positivo e negativo) si attraggono.
I motori a spazzole sono i classici motori elettrici che troviamo praticamente ovunque.

Sono economici e sono composti da 2 parti: la cassa (o statore) ed il rotore. La cassa contiene al suo interno 2 magneti incollati alla cassa. Sul rotore invece ci sono diversi avvolgimenti di cavo. Un avvolgimento percorso da corrente si trasforma in un elettromagnete. In cima al rotore vi è un collettore (o commutatore), un disco diviso in varie sezioni in cui ogni sezione è collegata da un filo ad uno degli avvolgimenti. Sul tappo (fissato alla carcassa) vi sono due contatti. Tramite delle molle e dei carboncini (la grafite conduce elettricità) si da corrente alle varie sezioni del collettore. Ruotando cambia la sezione del collettore, quindi si cambia anche la polarità dell’elettromagnete e si cambia da attrazione a repulsione. Per controllare la rotazione del motore basta variare la quantità di corrente (i V) che forniamo al motore. Di conseguenza il regolatore che pilota questi motori è molto semplice (una resistenza variabile).
Questi motori ruotano senza problemi anche con pochi volt, senza tremolii. Però non hanno prestazioni eccelse ad alto numero di giri. Inoltre avendo anche parti di contatto con lo statore (i carboncini) parte dell’efficienza del motore viene annullata. Questi motori hanno bisogno di un rodaggio iniziale e di manutenzione, in quanto i carboncini in origine sono quadrati, mentre il collettore è rotondo. Per avere la massima efficienza il carboncino deve consumarsi fino ad aumentare l’area di contatto con il collettore. Però col tempo, molle e carboncini vanno sostituiti.
I motori brushless sono, come dice il nome (brush = spazzole, less = senza), senza spazzole.

Si va ad utilizzare sempre l’interazione tra campi magnetici, ma in questo caso i magneti permanenti (o calamite) sono incollate sul rotore, mentre gli avvolgimenti sono sullo statore. Gli avvolgimenti sono collegati al regolatore da 3 fili. In base a dove passa la corrente, la relativa bobina sarà un elettromagnete con polarità positiva o negativa.
In questo caso non ci sono punti di contatto tra rotore e statore, se non i 2 cuscinetti (praticamente l’unica manutenzione di questi motori) dove appoggia il rotore. Visto che le bobine sono sullo statore, come si fa a far ruotare il campo magnetico (visto che sul rotore sono sempre nella stessa posizione)? Semplicemente è il regolatore (o ESC) che tramite i 3 fili genera un campo magnetico rotante. La costruzione del regolatore è un po’ più complicata. Questo tipo di motore è più potente, consuma meno corrente rispetto ai brushed ma richiede che il campo magnetico venga generato in maniera precisa e, per far questo, il regolatore deve sapere in che posizione si trova il rotore. Ci sono due tipi di motori brushless, a sensori o senza. Senza sensori, il regolatore “sente” in che posizione si trova il rotore in base alle “interferenze” che le calamite sul rotore generano negli elettromagneti (che essendo collegati al regolatore recepisce queste fluttuazioni). Questo trucchetto funziona purtroppo solamente ad alto numero di giri. Quando il motore gira piano, le interferenze sono talmente deboli che il regolatore non capisce la posizione del rotore, con il risultato che il motore non gira liscio, ma va a scatti (fenomeno chiamato cogging). Per sopperire a questo problema, alcuni brushless hanno un sistema di sensori che, tramite un apposito cavo, comunica al regolatore in che posizione si trova il rotore che, quindi, sa sempre in che posizione sia il rotore. Questo sistema elimina il cogging, ma purtroppo è efficacie solo con un numero di giri non troppo elevato, altrimenti il sistema non riesce a “stare dietro” a tutto.
Alcuni regolatori (come il Tekin RS Pro) sono in grado di usare i sensori a basso numero di giri per avere linearità di accelerazione e, arrivati ad un certo regime, di ignorarli in modo da poter far salire il motori di giri il più possibile.
Per tutti i tipi di motore elettrico ci sono alcuni parametri da tenere in considerazione: i KV ed i T.
I KV indicano quanti giri fa al minuto il motore per ogni volt applicato. 1000kv a 7.4V significa che il motore fa 7400 giri/min dandogli 7.4V
I T indica gli avvolgimenti (turn in inglese). Gli avvolgimenti sono le spire di filo che vanno a formare gli elettromagneti del motore. Maggiore è il numero di avvolgimenti, minore è la velocità di rotazione (e quindi minore è il numero di KV), ma maggiore è la coppia generata dal motore (sui crawler si usano motori da 18.5T, tipo il goat 3s, sino a 80 T). E minori sono i consumi di corrente.
Al contrario, allo scendere con i “T” diminuisce la coppia del motore, ma aumentano i giri del motore (ed aumentano i consumi).
Non è detto che tutti i motori siano uguali, a parità di avvolgimenti. Ad esempio, parlando di motori da touring con 10.5T, un HobbyWing ha 2800kv, uno SpeedPassion V3 ne ha 3800 ed un Tekin Redline 4500.
Nemico giurato dei motori elettrici è il calore. Il motore deve essere correttamente rapportato (per il corretto rapporto finale bisogna sentire il produttore) e raffreddato correttamente.
I motori elettrici possono essere anticipati ruotando la cassa. Cosa significa? al motore arriva la corrente leggermente prima del previsto ed il campo magnetico riesce ad usufruire per più tempo della massima coppia generata . Tale particolarità consente di aumentare i giri/motore disponibili, anche se (teoricamente) aumenta anche la temperatura.

Regolatori

In base al tipo di motore ed all’uso, dovremo scegliere il giusto regolatore (o ESC). Il regolatore svolge 2 funzioni: convertire i nostri comandi per variare la rotazione del motore ed alimentare il resto dell’elettronica (radio e servo in primis).
Per l’alimentazione del resto dell’elettronica, si usa un circuito interno chiamato BEC (Battery Eliminator Circuit) che abbassa la tensione proveniente dalla batteria fino ai circa 5V necessari ad alimentare la radio ed i servi. I BEC sono di due tipi: lineari o switching. Nei regolatori più economici (di solito compatibili con batterie da massimo 11.1V) il BEC è lineare. Prende la corrente in ingresso e la abbassa fino alla tensione necessaria (max 3A di corrente) convertendo i volt in eccesso in temperatura (che va smaltita in qualche modo). Purtroppo questi BEC non sono affidabilissimi.
I BEC switching invece sono indipendenti dalla corrente in ingresso. Prendono “porzioni” di tensione in ingresso per arrivare alla tensione in uscita.
Esistono anche dei BEC esterni che si possono collegare direttamente alla lipo ed alla presa BATT della radio. In questo caso bisogna escludere il bec interno del regolatore. Si può fare facilmente togliendo dalla spinetta che va dal regolatore alla radio il filo “rosso” (o del “+”) ed isolarlo. La massa ed il segnale sono invece da lasciare.

Certi regolatori permettono via software di variare la tensione in uscita dal bec , questa è un’ ottima funzione nel caso si decida di adottare successivamente servi con alimentazioni diverse dai classici 6V . Importante è sempre controllare gli A in uscita dal bec , in certi cralwer 3-4 A non sono sufficienti ad alimentare 2 servi , verricelli , luci ed eccetera , ricorrendo così all’ ausilio di bec esterni con decine di Ampere .
Bisogna scegliere il giusto regolatore in base al motore. Se un motore ha bisogno di 50A di corrente, non possiamo prendere un regolatore che eroga 35A continui, in quanto rischiamo di vederlo fumare in poco tempo. Meglio sempre tenere un po’ di margine in modo da essere tranquilli (nell’esempio è meglio puntare su un regolatore da 80A.
Nei motori a spazzole di solito il regolatore è piuttosto semplice. In base a quello che impostiamo col telecomando, otterremo in uscita una diversa tensione. Su questi regolatori normalmente non ci sono tante regolazioni. Possiamo regolare il senso di rotazione (marcia avanti e retro) ed il freno.

Come dicevo, sono regolatori “semplici” (una volta erano formati da una resistenza variabile mossa da un servo, come da seconda foto). Non sono studiati per essere usati con le LiPo, ma volendo si possono usare anche batterie di ultima generazione. Bisogna solo avere l’accortezza di controllare la carica della batteria man mano che ci si avvicina alla scarica, o dotarsi di un circuito sonoro che ci avvisa quando siamo al limite . Non è un vero e proprio cut-off in quanto non taglia la tensione. Si limita a suonare.

Nonostante siano regolatori studiati per motori a spazzole, e che tali motori oggi sui modelli on e off (ma anche drift e monster) siano “confinati” a modelli entry level. Ma sono montati in coppia anche su alcuni monster tipo traxxas summit e pilotati o da 2 ESC in coppia o da un solo ESC in grado di pilotare entrambi i motori contemporaneamente (intanto devono muoversi sempre all’unisono).

Per la particolatià di funzionamento i motori a spazzole sono idonei su modelli come scaler e crawler. Su questi modelli si può usare o un solo motore (classico) dove il bloccaggio degli assi avviene per via meccanica (tramite i dig) o un motore per asse (i MOA – Motor On Axle) ed im questo caso il blocco è tramite ESC
I regolatori per i motori brushless sono un po’ più complicati.

Sono completamente elettronici e programmabili tramite computer (ed apposita interfaccia) o scheda di programmazione.

Normalmente funzionano come una serie di cancelli… Tutta la corrente in arrivo dalla batteria “si schianta” sui cancelli. In base a quanto deve andare il motore, l’elettronica del regolatore apre x cancelli per far passare vari flussi di corrente. Per cui il regolatore deve anche essere studiato per resistere “all’assalto” della corrente delle LiPo.
Essendo pensati per l’uso delle batterie LiPo (i motori brushless richiedono tanta corrente) integrano un sistema che, quando la tensione scende sotto una certa tensione per cella (le LiPo non vanno MAI scaricate completamente) tolgono l’alimentazione per preservare le batterie, chiamato Cut-Off in quanto taglia la tensione al motore (e vi lascia senza freni su alcuni modelli.. Quindi occhio!). Altri parametri da impostare sono la quantità di freno, la quantità di retromarcia, una simulazione del freno motore (tipico dei motori a scoppio), la quantità di freno automatico al rilascio del grilletto, il tipo di uso (marcia avanti ed indietro per le barche, marcia avanti e freno per le gare e marcia avanti/freno/retro per uso normale) e l’anticipo elettronico del motore (valgono le stesse “regole” dell’anticipo meccanico). Sui regolatori dotati di sensori abbiamo anche altri parametri. I sensori non servono in realtà solo quando si è a basso numero di giri. Nel touring si usa una funzione chiamata “turbo” che aggiunge gradi di anticipo ogni x frazioni di secondo aumentando drasticamente le prestazioni del motore (e riducendone la vita se non si sta attenti).

La maggior parte di questi regolatori può essere collegata al computer per configurare i parametri (a volte è necessario, non c’è program card per alcuni) o per aggiornare il software interno del regolatore (firmware). Cambiando firmware è possibile variare completamente l’erogazione del motore, oppure adattarlo ai vari tipi di regolamento (libero, stock, etc).

Ci sono anche dei regolatori ibridi, cioè in grado di gestire sia motori brushless che brushed, in base a come colleghiamo il motore.

Batterie

Nei modelli radiocomandati si usano 2 tipi di batterie soprattutto: NiMh e LiPo.
Le batterie al Nichel Metallidrato sono composti da diversi elementi da 1.2V (come le stilo ricaricabili) saldati tra loro.

Non riescono a fornire tantissima corrente in uscita e richiedono tempi di ricarica piuttosto lunghi (si caricano al max ad 1/10 della capacità della batteria, salvo pacchi batterie particolari) ma possono essere scaricati quasi completamente (e quì bisogna disattivare il cut off sul regolatore per sfruttarle). In più le prestazioni del mezzo cambiano in maniera molto evidente man mano che la batteria si scarica. Sono adatti su sistemi che richiedono poca corrente (scaler/crawler o drift), ma personalmente preferisco non usarli mai. Preferisco cedere la parola a chi le usa, di sicuro più esperto di me in materia
Personalmente vedo più utili le LiPo. Non solo per la maggior corrente erogata e per la curva di scarica più lineare (che ne consegue un mantenimento delle prestazioni quasi immutato per tutto il ciclo di scarica), ma soprattutto perchè posso essere caricate come minimo alla stessa capacità della batteria (quindi molto più velocemente delle NiMh) ed in più sono più leggere.
Le LiPo sono composte da vari elementi detti celle. Ogni cella ha una tensione nominale di 3.7V, che sale a 4.2V a piena carica.

Le celle possono essere collegate in serie per aumentare il voltaggio, o in parallelo per aumentare la capacità. Il tipo di collegamento usato è indicato di solito sulla convezione. Una batteria con scritto 2S significa che contiene 2 celle LiPo collegate in serie. 2S2P significa che contiene 4 celle, collegate in parallelo a due a due (quindi è come se avessimo 2 sole celle di capacità doppia della cella singola) e poi in serie tra di loro. Ad esempio, una lipo 2s2p da 5200 mAh contiene 4 celle LiPo da 3.7V e 2600mAh l’una. Ma dall’esterno si vedono come 2 celle da 5200mAh collegate in serie.
Altro parametro misterioso per alcuni è il “C”. Il “C” è un coefficiente e può essere di carica o di scarica. 1 C equivale alla capacità della LiPo espresso in A. In una batteria da 5000mAh 1C equivale a 5A, in una da 2500mAh 1C equivale a 2,5A. Normalmente tutte le LiPo possono essere caricate a 1C, mentre alcune anche a 2,3,4,5 ed addirittura 6C. Parametro importante che è sempre scritto sulla batteria sono i C di scarica nominali e massimi (per pochi secondi, spesso sono il doppio dei C di scarica nominale). Indica la quantità di corrente che la LiPo può erogare. Una LiPo da 5000mAh 40C eroga 5000 * 40 = 200000 mA che diviso 1000 sono 200A di corrente.
Un consiglio… Prendete i dati di targa con le pinze. Fidarsi è bene, ma alcuni dati di targa sono ottimistici… E ricordatevi che la LiPo deve riuscire a soddisfare la “sete” di corrente del gruppo motore – ESC.
Ci sono 2 connettori che escono dalla LiPo: uno è il classico positivo e negativo di grossa sezione, ed un gruppo di cavi che cambia in base al numero di celle, e cioè n° celle +1. Tali cavi sono saldati tra una lipo e l’altra e permettono di sapere la tensione di ogni cella (in serie).
Per collegare i cavi “di potenza” (cavi nero e rosso) all’ESC bisogna usare i connettori giusti. Quelli tipo Tamiya non supportano le alte correnti, meglio optare o per i deans o per i bullet da 4mm (che alcune batterie hanno incorporati).


Il connettore di bilanciamento invece è spesso incluso, Ci sono vari tipi di connettore e ci sono varie basette per collegare i vari tipi di connettori bilanciatori.

Le LiPo devono essere caricate e bilanciate, cioè le celle devono avere tutte la stessa tensione con uno scarto minimo, altrimenti si scaricherebbero in maniera sbilanciata, stressando più una cella di un’altra.
Le celle non devono MAI essere scaricate completamente (come già detto). Al massimo vanno scaricate a 3V/cella (in modo da avere un po’ di margine se il cut off ha un po’ di margine). Questo perché altrimenti la chimica interna ne risente. In caso di stress eccessivo (scarica oltre i livelli di guardia) la batteria si gonfia e potrebbe anche esplodere nei casi peggiori, Per cui è meglio trattarle con cura non solo quando si scaricano, ma anche in carica. E’ opportuno caricarle (potendo in maniera bilanciata) in un sacchetto ignifugo che possa contenere eventuali problemi. E sorvegliandola.

Caricabatterie

Abbiamo un modello elettrico. Usiamo le batterie. In qualche modo dobbiamo pur ricaricarle, no?
Il mondo del modellismo è pieno di caricabatterie. Purtroppo spesso e volentieri i venditori propongono anche piccoli carichini compatibili con le 2s e 3s che caricano la batteria tramite presa di bilanciamento. Lasciateli perdere. Rovinano la lipo piuttosto che caricarla. La lipo va caricata dal cavo di potenza.

Quando si sceglie un caricabatterie bisogna essere coscienti di cosa si compra.
Come dicevamo, ci sono diversi tipi di caricabatterie. Ce ne sono alcuni che fanno solo la carica e non il bilanciamento (bisogna usare dei bilanciatori esterni), anche se ormai tanti caricabatterie hanno il bilanciatore integrato, sono in grado di svolgere tutte le funzioni necessarie per gestire praticamente tutti i tipi di batterie (lipo, life, nimh, pb, etc).
Altra cosa da tenere in considerazione è la tensione di alimentazione del caricabatterie. Alcuni modelli di caricabatterie possono essere alimentati a 12V (quando in pista non vi è la corrente e si usa una batteria da automobile per esempio) o 220V. Purtroppo non tutti integrano l’alimentatore (componente più “debole” del CB) e spesso e volentieri nei negozi online si parla genericamente di doppia alimentazione senza specificare se l’alimentatore viene fornito (quindi occhio ai prezzi troppo allettanti).
I caricabatterie più piccoli ma anche idonei a chi inizia sono il classico Imax B6 e relativi cloni, con una corrente di carica massima compresa tra i 4 ed i 6 (dipende dal modello).

Questi caricabatterie hanno tutti o una porta laterale a cui collegare una basetta per il connettore di bilanciamento o, più raramente, tutti i connettori da 2s a 6s in formato JST. Sulla porta 6s si può collegare comunque una basetta per il bilanciamento. Altro punto in comune, tutti hanno una sola uscita. Ciò significa che, normalmente, si può caricare una sola lipo per volta (se non siete pratici, non inventatevi strani accrocchi per caricarne più contemporaneamente).

Se avete più batterie (soprattutto se dovete caricarne più di una durante le garette) potete optare per un caricabatterie che eroga 10A (e carica la lipo in metà del tempo rispetto ad un CB che eroga 5A) oppure un caricabatterie multiplo a 2 o 4 uscite.

Questi caricabatterie caricano batterie diverse contemporaneamente, ma hanno 2 lati “negativi”: se avete problemi con il caricabatterie siete completamente fermi, ed inoltre questi caricabatterie sono praticamente sempre da alimentare con un alimentatore esterno che, spesso e volentieri, costa quasi di più del caricabatterie stesso, non è proprio piccolino ed è una cosa in più da portare in pista. L’alternativa può essere l’uso di un alimentatore per computer (che spesso erogano anche una 30ina di A sui 12V). Sarà poco bello e non touch screen ma vale il proverbio : “ poca spesa , tanta resa “.
Altra strada intrapresa da molti modellisti è partire con un caricabatterie piccoli, per poi affiancarne un secondo uguale o superiore, in modo da gestirsi in maniera più flessibile.

4 consigli per i neofiti, sul montaggio

Stavo pensando… Abbiamo parlato di come scegliere il modello, l’elettronica e la carrozzeria. Per l’assetto c’è (volendo) il setup book della x-ray che va bene per tutti i modelli ( http://www.teamxray.com/teamxray/sho…p?file_id=7884 ).
Se però un neofita dovesse iniziare a montare un modello, potrebbe trovarsi di fronte a diversi piccoli problemi o avere alcuni dubbi. Spesso il manuale aiuta, ma non sempre. E’ un po’ difficile dare delle linee guida per tutti i modelli, ma ci si prova…
Una delle prime fasi del montaggio del modello di solito è il differenziale. Normalmente, a parte alcuni modelli (mi viene in mente l’Asso TC6) di solito c’è il palo rigido, il differenziale a sfere o quello ad ingranaggi. Per il palo rigido non c’è molto da dire… Si monta e, se ci sono viti che si fissano su ferro, si usa il frenafiletti.
Discorso diverso per i differenziali. Nei differenziali a sfera la regola dice che bisogna passare i piattelli su carta vetrata finissima (magari con un goccio d’olio) per rendere il più liscio possibile il piattello stesso ed eliminare le eventuali bave di lavorazione. Inoltre in fase di montaggio delle sfere, bisognerebbe usare il grasso specifico per cuscinetti a sfera.
Nei differenziali ad ingranaggi dobbiamo avere un occhio di riguardo per le eventuali bave derivanti dalla lavorazione, sempre con carta vetrata finissima. Bisogna prestare la massima attenzione al montaggio delle guarnizioni e degli o-ring, onde evitare perdite di olio. Di solito il differenziale va riempito più o meno fino alla crociera dei satelliti.

Passiamo al montaggio degli omocinetici. Sono fatti più o meno tutti nello stesso modo. La spinetta di solito è normale, liscia. X-Ray ha come optional delle spinette con uno scanso dove ospitare la brugolina. E’ possibile modificare la tradizionale spinetta con una lima (o con le mole del dremel o simili) per ottenere lo stesso risultato. Si potrebbe anche cercare di tenere in posizione il perno con del nastro isolante o termoretraibile avvolgendo il mozzo.
Tanti chiedono se è possibile/necessario usare del grasso sull’omocinetico. Diciamo che metterlo così e basta serve solo a farlo sparare in giro, sporcare ed attirare la polvere che farà effetto smeriglio. L’unica alternativa sarebbe trovare e fissare una cuffia che isoli il giunto ed il grasso.

Ora passiamo al montaggio degli ammortizzatori. L’errore più frequente che si compie è il pensare che, avvitando e svitando la ghiera (o cambiando gli spessori) della molla si cambi la durezza della stessa. E’ solo un’impressione. La durezza della molla cambia in base al diametro del filo della molla ed all’altezza della stessa. Il precarico serve per variare l’altezza del modello e basta.
Oltre dalla mola, la durezza dell’ammortizzatore è data anche dallo smorzamento. Lo smorzamento è dato da 2 componenti: la densità dell’olio ed il numero/dimensione di fori nel pompante. Aumentare il numero dei fori nel pompante o la loro dimensione equivale ad avere un olio più fluido, in quanto aumenta la quantità di olio che passa. Una volta messo l’olio, bisognerebbe muovere il pistone su e giù e poi lasciare riposare in modo che l’eventuale aria in esso contenuto. Ci sono anche delle pompette manuali a bassissimo costo che aiutano e velocizzano l’operazione. In chiusura dell’ammortizzatore dobbiamo stare attenti alla posizione del pistone. In base a dove lo posizioniamo, quando chiudiamo l’ammortizzatore il pistone uscirà da solo anche senza molla (si chiama rebound). Personalmente non ho notato grosse differenze tra un rebound e l’altro. Ultima cosa da verificare è la lunghezza complessiva dell’ammo, che possiamo variare avvitando o svitando la manina posta sotto lo stelo dell’ammortizzatore.

Passiamo ora allo sterzo. Consideriamo che lo sterzo deve muoversi il più libero possibile, altrimenti rallentiamo e facciamo sforzare il servo, rovinandolo. Quindi proviamolo a mano libera prima. Una volta montato il servo, dobbiamo regolarlo. Oltre a centrare il trimmer dello sterzo ed a posizionare la squadretta in modo che le ruote siano dritte (comunque dovremmo agire anche sul trimmer), dobbiamo regolare i finecorsa. Praticamente quando sterziamo rischiamo che il servo abbia più escursione di quanta sia necessaria, col risultato che il servo arriva fino all’escursione del sistema di sterzo, si blocca e sforza con il rischio di bruciarsi. Se il telecomando ne è dotato, dobbiamo regolare i finecorsa (o EPA), in modo tale che quando giriamo tutto a destra o tutto a sinistra il servo non farà il 100% dell’escursione, ma limitandosi a quanto impostato in modo da non sforzare e non rovinare il servo.

Ultimo passo, l’elettronica. Solo un consiglio. Se sull’ESC non avete un connettore che vi impedisca di collegare al contrario (tipo i deans) ma connettori tipo i bullet da 4mm, cercate di fissarli in modo da non scambiare il + col -… Non è bello veder fumare un regolatore perchè si è invertita la polarità…
Date anche una lettura al manuale. Il regolatore va calibrato, in modo da “insegnargli” qual’è la corsa massima del gas e del freno

Cos’è il modulo di corona e pignone?

Ieri sono andato in pista per inaugurare la Losina. Di serie esce con un pignone da 16 denti, ma al negozio dove l’ho presa davano come compatibili i pignoni modulo 48 e così ho preso un 14t. Purtroppo faceva un brutto rumore e così ricordandomi di una discussione letta tempo fa ho montato un pignone Carisma 14t. Rumoraccio cessato. Ricordo che sulla Carisma avevo provato a montare un pignone modulo 48 e faceva un bruttissimo rumore. Chiacchierando con un’altro proprietario di Losina, mi dice che secondo lui il modulo giusto dovrebbe essere il Tamiya, chiamato anche .6 o 42.
Le uniche certezze che avevo erano che nello scoppio corona e pignone hanno praticamente sempre modulo 1, mentre sull’elettrico i principali sono 48, 64 e tamiya (o .6, che Verra mi ha detto essere un mod.42) e che il modulo ha a che fare con la forma dei denti dell’ingranaggio.
Ieri sera ci ho rimuginato un po’ e mi sono dato una lettura a vari post di modellismo e non. Ho cercato anche quì sul forum ma escono un sacco di post dove si parla di modulo, ma non so in quanti si desse una spiegazione… Per cui se è già stata data, sorry!!!
Dopo tutte le letture mi sentivo come Homer Simpson alle prese col marketing…

Alla fine sono venuto a capo di alcune cosette e pensavo di condividerle con voi.

Intanto, leggendo un post sul vecchio forum di H8ita ( H8Italia :: Leggi argomento – trovare il MODULO di un ingranaggio – le fonti vanno sempre citate) ho compreso un po’ di cose.
Senza usare (troppi) paroloni o formule, cercherei di darvi una brevissima spiegazione su cos’è il modulo (riprendendo anche dal post sopra).
Immaginatevi la corona del vostro modello (o se ce l’avete sotto mano, guardatela). Dovete tracciare 2 cerchi, uno del diametro “Da punta del dente alla punta del dente del lato opposto” (che equivale al diametro dell’intera corona) e uno più piccolo del diametro “da gola tra 2 denti alla gola sul lato opposto”. Questi si chiamano “cerchio di troncatura esterno” e “cerchio di troncatura interno“.
Avete mai letto la famosa frase “dovete lasciare un po’ di gioco tra pignone e corona, ad esempio interponendo tra i 2 un pezzo di carta che non si deve rovinare troppo”? Ecco… I 2 ingranaggi si toccano in un punto ad una certa altezza del dente. Una circonferenza che tocca tutti questi punti si chiama “cerchio primitivo“. La distanza tra il “cerchio di troncatura esterno” ed il “cerchio primitivo” è il nostro modulo.
E la distanza tra il “cerchio primitivo” e il “cerchio di troncatura interno” è 7/6 (sette sesti) del modulo. Quindi ogni dente è alto modulo * 13/6.
Una formula interessante per noi è quella che ci permette di stabilire, avendo in mano un ingranaggio, che modulo sia.

Modulo = diametro (in mm) / (n° denti + 2).
Esempio pratico. Prendiamo una classica corona X-Ray 84 denti. Tutti (diciamo ) sanno che è modulo 48.
Il suo diametro è (circa, in quanto il calibro non è precisissimo) 45.6mm
Quindi 45.6 / (84+2) = 0.530 approssimato.
0.530??? ed il famoso “48”????? Avete presente come contano i paesi di lingua inglese??? Ecco… La “fregatura” doveva esserci… Solita sfida tra sistema metrico e sistema anglosassone… Il “48” va tradotto
Ed ora??? Girovagando su internet ho trovato questa interessantissima tabella di conversione:
http://www.microingranaggi.it/Pdf/pitch-modulo.pdf
Cercando nella tabella troviamo che il valore più vicino al nostro 0.530 è lo 0.529 che corrisponde al modulo 48… Ed ecco spiegato il tutto!!!

Quindi, i principali moduli delle nostre RC sono

42 – 0.604 (tamiya)
48 – 0.529 (x-ray, sakura, etc)
51 – 0.498 (carisma 1/14 e losi 1/14)
64 – 0.396 (team magic)

Differenziali

Visto che stasera ho un po’ di tempo e potrebbe servire anche ad altri, spero che una piccola disquisizione sui differenziali dei nostri modelli RC non faccia dispiacere a nessuno….

Innanzitutto… A che serve un differenziale? Quando il modello va dritto, sia la ruota destra che sinistra dello stesso asse hanno la stessa velocità. Ma in curva? Se le 4 ruote fossero libere di girare indipendentemente vedremmo che le ruote si muovono tutte a velocità diversa. Il differenziale serve proprio ad erogare la potenza mantenendo la differenza (da cui il nome) di giri delle ruote. Aumentando la durezza del differenziale si ottiene un minore inserimento in curva per via del fatto che la differenza di giri tra le ruote è minore, ma in uscita di curva si ha più trazione.
Una caratteristica peculiare è che se tengo fermo il differenziale e faccio girare una ruota in senso orario, l’altra girerà in senso antiorario.

Un’ottimo video che spiega il funzionamento lo trovate quì:
How Differential Gear works (BEST Tutorial) – YouTube

Ma com’è la situazione nel mondo delle RC?
Nel nostro mondo ci sono diversi tipi di differenziali. Non li conosco tutti con precisione, indi per cui, chi ha da scrivere, scriva!

Ingranaggi


E’ il tipo di differenziale più comune. E’ composto da 2 ingranaggi più grandi (planetari) e da 2,4 o 6 ingranaggi più piccoli (i satelliti).
Per variarne la durezza si deve variare l’olio/grasso all’interno del differenziale (e lo stesso deve essere, logicamente a tenuta stagna). Va da se che per “assettare” il differenziale, bisogna aprirlo, puliro, cambiare l’olio e richiuderlo. Col tempi gli ingranaggi (soprattutto se non sono ben spessorati) tendono a smangiarsi e vanno sostituiti. Inoltre l’olio scaldandosi diventa più fluido, cosa che avviene anche col passare del tempo.

Sfere

Nel differenziale a sfere non ci sono ingranaggi, ma l’inversione di rotazione è data dalle sfere. Cambiare l’assetto di un differenziale a sfere è facilissimo. Basta stringere o smollare la vite che tiene unite le due parti del differenziale. Presenta diversi problemini: innanzitutto, se il dado della vite di chiusura si consuma c’è il rischio che il differenziale si smolli in frenata. Soprattutto sui modelli più spinti (e soprattutto nelle gare) le sfere ed i piattelli di esse tendono a consumarsi, indi per cui vanno sostituiti. Meno spesso va sostituito il sistema spingidisco.
Inoltre lo sfere è più complicato da regolare.

Palo rigido

Nel palo rigido non c’è nessun elemento mobile. Tutti i pezzi sono solidali tra loro e non vi è alcuna differenza di rotazione tra le ruote, rendendo meno facile l’ingresso in curva, ma dando molta più trazione in uscita. Di solito si usa all’anteriore nel touring o al posteriore nel drift (o anche su alcune rigide).

Scatto libero

Lo scatto libero è in parte simile al palo rigido. Le due uscite delle ruote sono montate su due cuscinetti unidirezionali (girano a vuoto da un lato e si bloccano dall’altro). In questo modo, in rilascio le ruote sono libere di girare “a vuoto”, aumentando di molto l’inserimento in curva e permettendo una rotazione a velocità diversa delle ruote. Di contro, le ruote in frenata girano a vuoto, per cui l’asse ove è montato lo scatto sarà come senza differenziale in frenata. Per cui, se montato all’anteriore (dove si usa di solito) in frenata ci si troverà ad avere una 2wd a trazione posteriore, mentre in accelerazione si trasforma in una 4wd con palo rigido

One Way
Non sono sicuro al 100% del nome…
praticamente si tratta di uno scatto livero in cui le uscite delle ruote sono solidali tra loro. In frenata ci si trova sempre senza freno e col palo in accelerazione. E’ una configurazione particolare che non viene usato spesso.
L’Asso TC6 ha un sistema che consente in pochi semplici passaggi di trasformare il palo anteriore in scatto libero o in one way

Thorsen

L’ho visto montato solo sulle 1/8 (che l’ho su anche io sulla S4 ByBianchi). Si tratta di un differenziale ad ingranaggi, in cui la durezza è data dall’inclinazione dei denti degli ingranaggi (30, 45 o 60° tipicamente).
Questo tipo di differenziale ha la particolarità che in ingresso di curva (in rilascio) si smolla avvicinandosi al comportamento dello scatto libero, mentre in trazione si “indurisce” avvicinandosi al palo (diciamo che tende verso il 60-70% come durezza…   :D) e dando molta trazione. All’interno del thorsen si usa un olio per lubrificare gli ingranaggi.
Viene definito anche come autobloccante.